Grève irréductible in Francia: scioperi e mobilitazioni fino al ritiro della riforma delle pensioni. USB presente in delegazione

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La portata delle manifestazioni e delle azioni promosse all'interno della prima giornata della Grève irréductible, quella del 7 marzo, che viene comunque da ben 5 scioperi generali negli scorsi mesi, ha costretto perfino la stampa italiana a parlare della straordinaria presenza di piazza che si oppone al progetto di riforma delle pensioni voluto da Macron.

Una prima prova di forza da parte di un fronte intersindacale che mette dentro tutte le anime ed i settori di un mondo del lavoro ben lontano dai tassi di sindacalizzazione del nostro paese, ma che di fronte ad un attacco così forte alla propria condizione, di fronte all'innalzamento dell'età pensionabile fino a 64 anni, e dentro un quadro di crisi economica e sociale comunque peggiorato, è disposto a difendersi strada per strada, fino al ritiro del provvedimento.

Siamo ormai alla fase campale, allo scontro diretto, e questo spiega i numeri, i 700.000 dichiarati dalla CGT a Parigi (e poco importa se fossero poco meno o poco più); conta un fiume umano che ha attraversato rumorosamente una capitale blindata, senza farsi intimorire dalle centinaia o forse migliaia di CRS equipaggiati, armati e schierati in tutti i nodi strategici del corteo che da Boulevard Raspail ha raggiunto Place d'Italie, attraversando una parte dei luoghi storici del maggio '68.

Non è una digressione questa, ma il riferimento a una dimensione tutt'ora riconoscibile nella coscienza e nella disponibilità alla lotta di una parte importante dei manifestanti, un richiamo alle lotte storiche e al popolo in armi che è radicato nella storia moderna e anche in quella più recente della Francia.

Tutto questo lascia presagire che tutto andrà ancora avanti senza perdere di intensità, già oggi con lo sciopero dell'8 marzo che metterà al centro la condizione di doppio sfruttamento delle donne, collegando fortemente i temi "classici" delle lotte femministe con il tema dell'innalzamento dell'età pensionabile, per poi dare centralità agli studenti il 9, e alla questione climatica il 10.

Insieme a tutto ciò una attività febbrile di assemblee, discussioni, dibattiti, iniziative che non riguarda soltanto la capitale ma anche il paese profondo che ieri si è mosso, proporzionalmente ai numeri, quanto i grandi centri urbani, così come avvenuto durante le lotte dei Jilets jaunes, e tutti i siti industriali strategici, raffinerie, siti di produzione energetica, grandi fabbriche. Inutile fare elenchi, non è ancora il blocco totale delle attività ma anche chi non ha scioperato sostiene la lotta o quantomeno ne condivide le ragioni. Il movimento di opinione si sta allargando e inizia a fare breccia anche nei settori della borghesia, del grande capitale, della finanza che hanno sostenuto Macron ma che non vogliono essere trascinati in basso dalla sua eventuale sconfitta.

Lo sciopero ad oltranza degli spazzini a Parigi, le 400 tonnellate di rifiuti accumulati nelle strade, insieme allo sciopero dei lavoratori delle fogne, gli storici égoutiers, la battuta frequente nei bar sull'imminente arrivo dei topi per le strade, hanno il dichiarato compito di fare sentire il tanfo della realtà a una classe dominante sempre più avida e arrogante.

È ovviamente presto per dire come finirà, molto si gioca sulla capacità di tenuta politica, motivazionale, economica dei lavoratori in sciopero.

Le strutture sindacali su questo concentrano gran parte delle loro forze. Quello che abbiamo potuto vedere, tramite i nostri ospiti e compagni della CGT Cheminots (una delle federazioni CGT aderenti come noi alla FSM) di Versailles, è fatto di partecipazione militante e senza sosta, di internità ai luoghi di lavoro, di capacità di coinvolgimento diffuso. Ricordiamo che a fine marzo la CGT andrà a un congresso nazionale in cui per la prima volta si contenderanno la segreteria due candidati, in un contesto che renderà difficile l'espletamento della pratica congressuale in ambito strettamente burocratico.

Molto è piaciuto lo slogan con il quale USB ha sintetizzato la sua solidarietà internazionalista, Abbassate le armi, alzate i salari, in una realtà, quella francese, dove la mobilitazione contro la guerra stenta parecchio a vedersi e dove pochissimi sono i riferimenti per la pace perfino in un corteo sterminato come quello di ieri.

Tanti nel nostro paese ripetono, a volte come un mantra che è spia in fondo di difficoltà se non di impotenza, che occorre "fare come in Francia".

Certo c'è una legislazione sullo sciopero distante anni luce da quella che permette ai francesi di ripresentarsi in piazza giorno dopo giorno.

Ma, al di là di questo non trascurabile dettaglio, lo sforzo che il movimento di classe del nostro Paese deve fare è da una parte di comprensione e conoscenza, la realtà non si ferma al confine del nostro paese e occorre conoscere e capire quel che avviene oltralpe e ovunque; dall'altra parte è chiaro che la partita francese può avere la capacità di lanciare un segnale di lotta che vada ben oltre la Francia, che vincere è possibile o quantomeno combattere.

I canti dei cortei di ieri ci parlano di una volontà di non fermarsi fino al ritiro della riforma.